Speciale scouting. ‘More than a club’: storia, futuro e visione del City Football Group
Il City Football Group è qualcosa di mai
visto prima. Che va oltre al progetto Red Bull, che va oltre all’idea di
avere squadre satellite, proprietà e progetti economici. Il City
Football Group, detenuto da Abu Dhabi United Group (ADUG) (77%), China
Media Capital (CMC) Consortium (13%), e Silver Lake (10%), è una
rivoluzione. E pensare che sia arrivata solo grazie al denaro è
sbagliato, perché alla base c’è una visione, un’idea. C’è il figlio di
un parrucchiere di Poblenou, Ferran Soriano, uno dei segreti dietro le
quinte del grande Barcellona. Di quello che è stato il Barcellona più
grande, di Pep Guardiola, di cui ha gestito le finanze fino al 2008. “La
Pelota no entra por azar” è il titolo di uno suo libro che riassume in
una frase tutta la sua visione. “La palla non entra per caso”.
La Coca Cola del calcio Il CFG non è certamente solo la
visione del pallone del futuro di Soriano ma il prodotto del lavoro di
una squadra e di un team e degli investimenti della famiglia reale degli
emirati con lo Sceicco Mansour bin Zayed al-Nahyan e di Khaldoon
al-Mubarak. Il progetto degli emiri e del dirigente spagnolo è chiaro,
seppur visionario e decisamente ambizioso: creare una franchigia globale
nel mondo del pallone che riesca a produrre profitto. Qualcosa che non
si limiti a essere un semplice brand locale-internazionale ma qualcosa
di diffuso in tutti gli angoli del mondo. Acquisito il Manchester City
nel 2008, nel 2013 il primo passo: entra a far parte del gruppo il New
York City Football Group. Un anno dopo, il Melbourne Heart diventa
Melbourne City FC. Nel 2014 il CFG acquisisce parte delle azioni da
Nissan degli Yokohama Marinos in Giappone, nel 2017 gli uruguaiani del
Club Atletico Torque diventano Montevideo City Torque. Nello stesso anno
entra a far parte anche il Girona, due anni dopo tocca all’acquisizione
del Sichuan Jiuniu in Cina e del Mumbay City in India. Negli ultimi
mesi, acquisizioni europee: a maggio il Lommel, in Belgio, a settembre
in Troyes, in Francia. Dal 2008 a oggi, tra Manchester City maschile,
femminile e tutto questo universo di squadre, i titoli sono già 28.
Le ragioni delle acquisizioni Chiaramente i motivi che sono
dietro alla scelta di un club o di un paese sono diverse e molteplici.
C’è la scelta di un paese che è terreno fertile per acquisizioni e
trading di calciatori come il Belgio, a una delle maggiori fucine del
mondo come la Francia. C’è un club di un mercato nuovo e ambizioso, in
crescita, con l’idea di arrivare sul tetto del continente come New York.
C’è il paese che nel rapporto talento pro capite è il migliore al mondo
ed è anche favorevole in quanto a costi come l’Uruguay. L’obiettivo è
in primis quello del successo, tutto dimensionato al club e alla
nazione. Per il Manchester City è chiaramente il titolo, per il Girona e
per il Troyes è la crescita graduale ed esponenziale per poi arrivare
grazie all’interconnessione di un gruppo globale sempre più in alto.
Filosofia comune Quel che è interessante denotare è che tutto è
connesso. Tutto è legato. Ogni club è particolare e globale, ogni club è
globale e particolare. Ogni società di quelle facenti parte del CFG ha
la sua specifica struttura ma gode anche delle conoscenze, delle
capacità e della connessione con le società del gruppo. E questo
riguarda medicina, fisioterapia, psicologia, analisi video, ricerca,
scouting. Tutte hanno un benefit nell’esser parte del Gruppo, sia a
livello di ottimizzazione dei costi che di prodotto finale.
Come lavorano gli scout Come detto: ogni società ha un
database proprio ma tutto poi convoglia verso il fine che è la crescita
sia del club ma dell’intero gruppo. Per questo uno scout del Girona può
relazionare anche giocatori per il Manchester. Un osservatore intento a
visionare una gara in Sudamerica può trovare l’opportunità per il
Melbourne ma anche per le formazioni europee. Si conoscono le necessità,
si sfruttano le connessioni per la crescita comune del gruppo.
Il ruolo del Manchester City “Tutto è funzionale al Manchester
City”. No, non è la verità. Tutto è funzionale alla franchigia, al
gruppo globale. Chiaro che ogni giocatore possa avere in mente di
arrivare al top e il Manchester City questo adesso rappresenta a livello
internazionale. Aspirazione e dimensione massima, ma l’idea degli emiri
e di Soriano di essere un brand globale va ben oltre a questo. Uno
delle centinaia di giocatori che fanno parte delle varie squadre ha
l’opportunità di crearsi all’interno di questo microcosmo il suo
percorso. E se il City è il top level, alcuni potrebbero trarre
beneficio da un’esperienza in Belgio, o in America, o in Cina. Altri
potrebbero ricrearsi e rilanciare la propria carriera grazie a un
passaggio proprio in un’altra nazione, col CFG che è arrivato quasi a
creare un suo proprio mercato interno.
Il bel gioco Uno degli insegnamenti che arrivano agli
allenatori, parte integrante di questo processo globale, è quello del
bel gioco. L’idea di arrivare tutti ad avere Pep Guardiola e il suo
Manchester City come punto di riferimento, chiaramente ciascuno coi suoi
mezzi e possibilità a seconda del paese di riferimento. Però nella
visione della franchigia globale del CFG, c’è proprio anche quella di
avere un’identità non solo nel nome, nel brand, nell’aspetto
commerciale, ma anche sul terreno di gioco. Essere riconoscibili oltre
al marchio e al colore. Qualcosa di mai visto prima.